Pantelleria, l’isola che concilia tutti

Una piccola fuga d’autunno. E chi non la desidera?

In un’isola. Che è approdo sicuro, rifugio perfetto.

Che tu raggiunga la tua isola via mare o via cielo, nel momento in cui parti ti senti già tagliare quel lembo di tessuto che ti annoda alla routine quotidiana. Quante volte, prendendo un traghetto per Capri o per l’isola d’Elba, sono rimasta con lo sguardo fisso a quel punto di partenza che vedevo via via allontanarsi. E con esso si allontanava quel mio mondo che avrei lasciato indisturbato lì, per qualche giorno.

Quante volte arrivando su un’isola ho avuto la sensazione di libertà totale. E di lontananza, non solo fisica, dalla mia città, dal mio tutto.

Di nuovo, la settimana scorsa avevo tutte queste sensazioni. Nell’isola più a sud d’Italia. L’isola che nelle giornate nitide ti regala anche la vista (seppur lontana) della Tunisia.

Mezz’ora di volo da Trapani (dopo un altro da Pisa), e sono arrivata a Pantelleria che mi ha accolto con gli ultimi raggi sole. E Margherita (di cui ero ospite) con una cena sicilianissima. Non solo nei sapori, nell’abbondanza, ma anche nella gioia di condividere: piatti di portata di ceramica siciliana bellissimi da passare di mano in mano tra commensali le busiate al sugo di tonno, o i peperoni ammollicati con le mandorle. E io sono da sempre convinta che quei gesti e quegli sguardi, una ciotola fumante, la cortesia, fanno la gran differenza. Capaci come sono di rendere una tavola gioiosa!

Sono stata accolta con il sapore del limone e il colore intenso delle buganvillee, il tonno e la dolcezza del pomodoro, la cannella e la ricotta. E il ricordo delle cassate e dei fastosi buffet di ottocentesca memoria pregustati leggendo romanzi siciliani. E poi, il vento.

Vento e silenzio.

Perché fuori stagione l’isola si riappropria di ritmi lenti, ma sopratutto del silenzio. Un silenzio che ti avvolge e quasi ti protegge, mentre percorri le strade tortuose che conducono da una parte all’altra di Pantelleria, attraversando alture e pianure. Dal mare alla montagna, un mix unico e un andirivieni di emozioni, sensazioni, profumi diversi. Ho amato molto questa alternanza, un continuo movimento, e un invito alla scoperta di un angolo che casomai il giorno prima ti era sfuggito.

Dalle onde fragorose di una giornata di gran vento si passa a un bagno nelle vasche di acqua calda. Sì, acqua calda, hai letto bene. Perché Pantelleria, è la punta emergente di un complesso vulcanico, emerso solo in piccola parte. E la parte più grande è sotto il livello del mare, si manifesta con le fumarole e le sorgenti di acqua idrotermali, presenti un po' in tutta l'isola.

Di giorno, con il sole, puoi beneficiare dei fanghi del lago Specchio di Venere (il nome evoca già la grande bellezza del luogo!). Puoi fare un bagno al mare, nelle calette più assolate. Sì, anche a ottobre (fatto! e dire che io sono freddolosa!). O trekking in montagna (alta più di 800 metri).

Al tramonto puoi andare alla grotta di Sataría (dal greco "Soterìa", grotta della salute), dove al suo interno sgorgano sorgenti d'acqua calda a una temperatura di circa 40 gradi che confluiscono in tre vasche (porta delle candele e goditi un momento di relax gratuito!). Oppure vai in paese, fai una camminata al porto, soffermati a vedere la cattedrale, opera moderna perfettamente integrata nel contesto.

Pantelleria è le tante contrade, è campagna, vallate immense.

Valle di Monastero

Percorrendo l’isola, quasi non ti accorgi dei dammusì, le tipiche case pantescheche. Sono immersi in quel paesaggio, si integrano perfettamente e quasi si nascondono.

Nate dall’incontro della civiltà araba e dall’esigenze della vita agricola e dagli agenti atmosferici ( il vento, il caldo, la scarsità di piogge) le belle case di pietra sono state trasformate in piacevoli dimore di charme, molte sono disponibili in affitto.

I tetti sono a cupola e servono per trattenere l’acqua piovana e convogliarla nelle cisterne. Le finestre e le porte sono piccole, insieme ai muri spessi e di pietra isolano dal caldo estivo (e anche dal freddo).

Accanto o all’interno di un dammuso c’è sempre una costruzione circolare in pietra lavica. È il “Jardinu” pantesco, dentro il quale si trovano alberi da frutto, che così vengono protetti dall’incessante vento che batte l’isola. Suggerimento: vai a visitare quello donato al Fai dall’azienda Donna Fugata.

Belli i terrazzamenti che arricchiscono i terreni con gli uliveti e i vigneti. La pratica agricola della vite ad alberello qui è patrimonio dell’umanità, e gli ulivi vengono fatti crescere in larghezza più che in altezza per proteggerli dal vento.

Una parte dei vigneti dell’azienda Donna Fugata.

Ho amato molto i racconti del luogo, le tradizioni, i ritrovi nelle case o nei circoli. Storie di famiglie che si sono innamorate dell’isola e ne hanno fatto un luogo dell’anima. Ricordi di feste estive o quelle di capodanno. E qualche giallo irrisolto. Margherita nell’isola è stata medico condotto, ci risiedeva una settimana al mese. Puoi facilmente immaginare che viverla con lei e attraverso le piacevoli chiacchierate è stato un vero dono!

Lei alla guida, io a fianco con il finestrino abbassato per poter ammirare ogni angolo e senza filtri, annusando fuori i profumi diversi, e annotando tutto il possibile.

Una Pantelleria che accontenta davvero tutti. Ma in questa stagione regala la possibilità di incontrare contadini che raccolgono l’uva e te la offrono con generosità.

Pochi i turisti. Puoi fermarti al bar, vedere passare bambini che vanno a scuola. Andare a comprare il pane e non dover stare in coda per ore. Scambiare due chiacchiere con le persone del luogo.

Un modo diverso per vivere una vacanza.

Pantelleria sicuramente è cucina che unisce il mare alla terra. Tutto perfettamente armonizzato. Con un’insalata che la fa da padrona, con i suoi pomodori, patate, olive, cipolla, origano ma anche il finocchietto di mare sottaceto, quasi a ricordare quegli scorci di acqua blu.

Ma anche i mostazzola, dolcetti fatti ancora a mano dalle signore locali, abilissime. Un ripieno di miele cotto con la semola di grano duro, profumato con tante spezie racchiuso in un impasto semplice, genuino, pazientemente “intagliato”. Culture diverse che si sovrappongono in un pasticcino che resta impresso nella memoria.

I mustazzola panteschi e altri dolcetti con confettura di fichi

Caffè e mustazzola, perfetti insieme.

Potevo ripartire senza? E senza una ceramica in più? Quelle che vedi in foto le ho prese a Mazara del Vallo, al negozio di Hajto, di Nicolò Cristaldi, un’artista locale che foggia e decora a mano, e che ha raccontato la storia locale attraverso le tante immagini impresse sulle mattonelle sparse per le stradine del centro!


Consigli su ristoranti e alloggi non ne pochi. Ho fatto colazione a Scauri, l’Antico Forno Marrone ha buon assortimento di pane e biscotti, a fianco la caffetteria con pasticcini molto buoni (provato ravioli dolci e i genovesi squisiti).

La mia amica Margherita è a Scauri e affitta la sua dimora (tranne nel mese di agosto), è bellissima e accoglie fino a 10 persone. Se ti interessa puoi scrivermi in privato.

Ma se vuoi stare in gran relax a casomai approfittare di mettere le mani in pasta e imparare qualche manicaretto locale, ti suggerisco il resort di Manila Foresti, persona deliziosa, dinamica e accogliente. Da aprile a ottobre la trovi qui. Sono passata a salutarla prima di partire e mi sono innamorata della sua cucina (ma non solo!). Chissà che non si riesca a organizzare uno special retreat di primavera?





Francesca D'Orazio Buonerba

Insegnante di cucina, in Italia e all’estero. Organizzo piccoli e grandi eventi, scrivo di cucina, amo ricevere amici a casa, per me ogni singolo giorno è speciale, e mi piace rendere speciale anche il piatto più semplice.

Amo i colori, e non potrei mai fare a meno dei fiori. Adoro viaggiare, andare per negozi e mercati alla ricerca di accessori per la casa e le mie tavole.

Colleziono piatti, tazze, tessuti, biancheria e ovviamente tanti tanti libri di cucina!

https://francescadorazio.com
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Orata con patate e pomodorini gialli